Il bosco costituiva una componente essenziale dell’economia contadina. Esso forniva legna da ardere per gli usi domestici e ghiande per l’allevamento dei suini, talvolta anche mirtilli, lamponi e funghi per integrare l’alimentazione umana e soprattutto castagne, la cui farina sopperiva alla scarsità di frumento nelle zone montuose. Chi dal bosco traeva la principale fonte di lavoro e di sostentamento erano di certo taglialegna e carbonai. Il loro mestiere prevedeva che gran parte del tempo lavorativo trascorresse nella boscaglia fitta, dove vivevano isolati anche per mesi, lontani da qualsiasi contatto con i borghi rurali. La solitudine comportava una sorta di emarginazione e contribuiva ad alimentare una immagine piuttosto oscura e misteriosa e l’asprezza della vita dei boschi era accompagnata da un lavoro spossante che si protraeva dall’alba al tramonto. Le scuri servivano per segnare gli alberi prescelti e per abbatterli, operazione quest’ultima che in caso di tronchi particolarmente robusti era portata a termine usando una sega. La roncola veniva utilizzata per sfrondare la chioma dell’albero, un grosso martello per conficcare cunei di ferro nei tronchi da spaccare e dei piccoli lumini a candela.
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